Smart Working ai tempi dell’epidemia

LO “SMART WORKING” AI TEMPI DELL’EPIDEMIA

 

Il “lavoro agile”, o smart working, è definito nella legge n. 81/2017. Stando alla definizione data dal Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali: «lo Smart Working (o Lavoro Agile) è una modalità di esecuzione del rapporto di lavoro subordinato caratterizzato dall’assenza di vincoli orari o spaziali e un’organizzazione per fasi, cicli e obiettivi, stabilita mediante accordo tra dipendente e datore di lavoro; una modalità che aiuta il lavoratore a conciliare i tempi di vita e lavoro e, al contempo, favorire la crescita della sua produttività».

Smart Working non è però sinonimo di semplice equilibrio tra spazi personali, tempo libero e differente gestione del personale e degli obiettivi da parte dell’azienda. È un processo che deve nascere e può dirsi realizzabile a partire da un radicale e profondo cambiamento culturale, che riguardi tanto il lavoratore quanto l’impresa. Diventa fondamentale implementare e sviluppare nuovi modelli organizzativi aziendali che considerino le diverse sfaccettature dello smart working, andando a ridefinirne ogni fase, tenendo conto che una governance integrata tra gli attori coinvolti è presupposto imprescindibile.

Un progetto di Smart Working è un processo di cambiamento complesso, che richiede di agire contemporaneamente su più leve e che deve partire da un’attenta considerazione degli obiettivi, delle priorità e delle peculiarità tecnologiche, culturali e manageriali dell’organizzazione.

Non si tratta, quindi, di semplice “telelavoro”: è revisione completa di obiettivi e organizzazione, è collaborazione tra le parti, nuovo modo di intendere gli spazi.

È un progetto che si focalizza su nuove modalità di lavoro e di organizzazione basato, fondamentalmente, sulla fiducia e sul confronto dei risultati – che diventano, quindi, elementi sostituivi dell’orario di lavoro come elemento fondamentale e principale di contrattazione – rafforzando il sentimento di appartenenza e di partecipazione della persona al lavoro nella sua azienda.

Una corretta gestione dello smart working deve però altresì fare i conti con la necessità di non essere totalizzante: bisognerebbe alternarlo ad impegni lavorativi che siano ben definiti e delimitati nello spazio e nel tempo altrimenti si correrebbe il rischio di portare all’isolamento del lavoratore che non avrebbe, in nessun modo, la possibilità della condivisione – intesa come l’utilizzo in comune di uno spazio o di una risorsa – che è parte fondamentale ed essenziale per lo sviluppo di empatia della squadra di lavoro.

La situazione attuale ha forzato le aziende, ha reso necessario votarsi, all’improvviso, a questa modalità di lavoro. O meglio, ha fatto si che si rispondesse ad un’emergenza con una modalità di lavoro che ha dei tratti simili all’idea di smart working ma che altro non è che lavoro da remoto. Sebbene molte aziende adottano da tempo lo smart working o comunque sviluppano progetti per arrivare ad impiegare dei lavoratori con tale modalità, la grande parte delle imprese italiane si è ritrovata, oggi, a dover modificare e modificarsi per poter continuare la produzione.

Alle situazioni di emergenza si risponde con strategie di emergenza; nel lungo periodo sarà necessario però ripensare e rivedere i modelli fin ora sviluppati ed adattarli ai nuovi contesti e scenari che si aprono, e che si stanno aprendo, per i mercati e per le persone.

 

 

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